La Comunita' montana e' l'ente sovracomunale che nel bene e nel male da oltre 30 anni compie le principali scelte di politica locale.
Per i primi dieci anni di vita questo ente e' stato retto da giunte dapprima a guida Dc e poi, dall'80 all'85, a guida Psi - Psdi - Pci, quindi sempre con la presenza di una maggioranza e di una opposizione. Nel terzo quinquennio (86 - 90) fu invece varata una “giunta totalitaria” che includeva tutti i partiti.
Gia' nel 1986 il professor Poggio, su “Sette Giorni”, formulo' critiche a questa scelta con argomenti che egli ha poi riproposto, a distanza di tempo, negli interventi pubblicati dai giornali locali lo scorso anno.
L'unanimismo si incrino' a fine anni '80 in concomitanza, tra l'altro, con le complicate scelte per la metanizzazione delle valli. Le tensioni tra i partiti portarono all'elezione, alla vigilia del natale 1990, di una giunta Pci-Psi con 27 voti favorevoli su 42 consiglieri presenti.
Nel 1992 la questione “calda” fu quella delle nomine nel consorzio acquedottistico di valle e della gestione dei consorzi di miglioramento fondiario. A seguito della creazione del Pds e della scissione da cui nacque Rifondazione, a giugno tre consiglieri (tra cui un assessore) costituirono in Comunita' montana il gruppo del Prc. Una presenza scomoda, che. assieme alla bufera che sconvolse in quegli anni il sistema politico italiano, contribui' anch'essa, ritengo, a fare del successivo 1993 un anno di svolta nella politica locale.
Sul numero dell' 8 maggio 1993 “Sette Giorni” riferi' che i capigruppo della Dc e del Pds spingevano per creare una giunta unitaria, mentre un altro esponente Dc, Luigino Tosi, era contrario.
Tra settembre ed ottobre polemiche a non finire per la richiesta di autorizzare un impianto irriguo avanzata dal “Consorzio miglioramento fondiario tenuta Il Barachino”.
Il presidente della Giunta la difese, sul numero di “Sette Giorni” del 2 ottobre. In un articolo intitolato “L'agricoltura delle nostre valli deve essere rilanciata dal privato”, dopo aver premesso che era stata “scartata l'ipotesi di invasi, che creerebbero non pochi problemi” egli elogiava il “progetto proposto con coraggio dal dott. Mario Mutti”.
Il 23 ottobre usci' un documento del Prc, critico rispetto alla tendenza a “convogliare risorse a coraggiosi imprenditori per dare esempio ai pavidi piccoli agricoltori che invece non sanno osare”.
Nel mese di novembre, per cercare di venire a capo di una crisi che era oramai nei fatti, si nominarono tre “saggi”, uno per valle. Dello stesso mese, significativa rispetto a un certo modo di pensare, la “lettera inviata alle autorita' dai cittadini di San Sebastiano” che, esacerbati dagli effetti della piena del Curone e del Museglia, identificavano negli ambientalisti i colpevoli dell'accaduto.
La crisi della giunta sfocio' nelle dimissione rassegnate dal presidente nel marzo 1994, nel successivo rimpasto con l'ingresso di due nuovi assessori e quindi nella riproposizione della formula “totalitaria” che ha contraddistinto per i successivi anni, fino ad oggi, la gestione dell'ente montano.
La crisi della prima repubblica nelle nostre valli e' dunque stata affrontata dal ceto politico chiudendosi in se stesso, non solo per un riflesso di autoconservazione, ma per un'abitudine che viene da lontano, cosi' come resta un punto fisso l'idea che per lo “sviluppo” occorra incentivare i “capitani coraggiosi”.
Poteva esserci un esito diverso ? E che cosa e' mancato e manca ancora per invertire queste tendenze ?
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