06 giugno 2006

al bar Casablanca

Su Sette Giorni di sabato 20 maggio 2006, cosi' si esprime Pier Giuseppe Malaspina, candidato sindaco a Castelnuovo Scrivia (poi sconfitto): « Le battaglie politiche, da noi, si fanno a tu per tu con la gente, ascoltando i loro problemi e i loro consigli in privato, quando ognuno non ha timore di esprimersi, quando i rapporti personali si possono manifestare piu' apertamente ...».

Stesso giornale, stesso numero, altra pagina: Francesco Marguati, sindaco di Tortona, risponde ad una lettera pubblicata la settimana precedente « ... per quanto mi possa rammaricare che la signora esprima il suo disaccordo, ancor piu' mi spiace che lo abbia fatto sulle pagine di un giornale: e' questo un luogo, infatti, che non sempre permette di avere spazio necessario e bastevole per spiegarsi ed essere ben compresi ... ho sempre dimostrato ... una completa apertura al dialogo e al confronto diretto, uniche forme utili alla reciproca comprensione ... Saro' ben lieto di rispondere in maniera piu' approfondita ... magari nel corso di una visita al Comune ed ai suoi uffici.».

Due esempi di quella che e' una vera e propria forma mentale estremamente diffusa tra i politici locali, "ragionamenti" che anche al sottoscritto e' toccato di sentirsi esporre da un assessore, di orientamento politico (teoricamente) opposto a quello di Marguati e Malaspina, a mo' di rimprovero per aver chiesto conto pubblicamente delle scelte della Comunita' Montana.

Se appena e' possibile si evita il confronto pubblico, e si somministra una miscela di paternalismo e di condiscendenza, in un rapporto asimmetrico, dall'alto al basso, dimenticando che "la sovranita' appartiene al popolo".
Rammento che questo e' l'incipit della nostra Costituzione ("sana e robusta" da quasi 60 anni, e che intendo tenermi stretta cosi' come e' nata, altro che intese "bipartisan" per stravolgerla).

Per i nostri rappresentanti il confronto pubblico con gli elettori e il consentire loro la diretta partecipazione alle scelte che li riguardano sono un obbligo, non delle concessioni benevolmente "ottriate" come le costituzioni dei sovrani ottocenteschi.

Purtroppo la politica fin dal livello locale e' ormai un circolo chiuso.
Rifletto sulla realta' a me piu' vicina: saro' paranoico, ma alcune delle ultime scelte programmatiche/progettuali nella nostra valle anziche' il frutto di una elaborazione partecipata e di una successiva discussione nelle sedi deputate mi appaiono l'espressione di un "idem sentire" di chi si frequenta da una vita, con gli stessi ruoli e negli stessi luoghi, con lo stesso atteggiamento nei confronti di chi e' "out".

E' una situazione del tutto diversa, ma mi viene in mente Gaber:

"... al bar Casablanca / seduti all’aperto / ...con aria un po’ stanca / camicia slacciata / in mano un maglione / ... al bar Casablanca / seduti all’aperto / la nikon gli occhiali / la barba sporcata da un po' di gelato / parliamo parliamo ...".

Nella canzone, al bar "chic" si parlava "di proletariato". Gaber e Luporini l'hanno scritta nel 1972: i tempi e le mode cambiano, ed anche gli interessi, ma in val Curone si mantiene lo stesso "stile" un po' snob.
Negli anni 50 in Usa si diceva che cio' che e' bene per la General Motors e' bene per il paese. Da noi spesso vale una logica simile, sostituendo la cerchia degli "ottimati" locali alla General Motors (e mi sovviene che uno dei successi di Gaber si intitola "il signor G.").
Nulla di illecito, certo, ed e' pur vero che, ahinoi, le scelte a cui alludo hanno poi sempre regolarmente ottenuto la ratifica plebiscitaria da parte di un ceto di amministratori locali che non sa o non vuole immaginare un diverso agire politico. Insomma, un simile trattamento alla fine ce lo andiamo a cercare scegliendoci i nostri rappresentanti.

Pero' questo stile di governo prima o poi dovra' entrare in crisi, di pari passo con la crescita nei cittadini di una diversa consapevolezza della propria condizione.

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