20 luglio 2006

non basta dire "energie alternative"

Se ne e' discusso e se ne discutera' a lungo anche nella nostra valle.

Dal sito "eddyburg.it" alcune considerazioni, di "puro buon senso" come direbbe Kit Carson ...

Scrive Fabrizio Bottini, a proposito di eolico (ma anche di biomasse):

... l’insediamento delle turbine nasce e si sviluppa secondo i criteri abituali dell’industria ... c’e' l’immagine degli uffici stampa (non necessariamente menzognera, ma certamente parziale) concentrata sui vantaggi, e c’e' il resto degli impatti.

Nel caso delle wind farms il non detto spesso rappresenta il quasi tutto, ovvero cio' che sta a terra in termini di strutture di servizio, strade (e effetti indotti dalle strade in aree dove prima non ce n’erano), recinzioni, barriere, altri effetti territoriali della questione sicurezza ecc.

Altro che dire: problema risolto quando le pale non tritano piu' le anatre.
Il tutto senza nemmeno sollevare la questione estetica, che e' discutibile e lasciamola discutere in altra sede.
C’e' poi il fatto che “la tecnologia e' in rapida evoluzione”. Non solo la tecnologia pura (che in se' interessa solo i veri appassionati), ma le forme organizzative che la affiancano e complementano: impianti di dimensioni minori, maggiore efficienza, minori velocita' di rotazione … il che significa (volendo) una logica diversa riguardo alle possibili localizzazioni, concentrazioni, rapporti col suolo e con la rete di distribuzione e consumo.
E la stessa “rapida evoluzione” non si deve certo alla sola libera concorrenza dei settori ricerca e sviluppo delle imprese interessate, ma al fatto che il mitico mercato e' composto anche da singoli, gruppi e istituzioni che hanno imparato sulla propria pelle come il collettivo OOOOH! a naso all’insu' non sia l’unica possibile reazione. Singoli, gruppi e istituzioni che sollevano legittimi dubbi sulla effettiva luminosita' dei futuri da pieghevole pubblicitario.

Si spera siano almeno finiti i tempi in cui per la common wisdom si e' out se non si portano moglie e figli ad ammirare il fungo dalle parti di Los Alamos. Per poi sentirsi dire dopo qualche decennio: “non potevamo sapere”. Quindi ben vengano tutte le innovazioni tecnologiche e organizzative (soprattutto le seconde), ma ben vengano anche le legittime cautele di chi non accetta a scatola chiusa i “vincoli tecnici”, soprattutto quando c’e' il rischio di accettare da subito una trasformazione comunque in gran parte irreversibile, e poi per decenni l’impatto di una tecnologia dimostratasi quasi subito obsoleta.
E la stessa cosa vale ad esempio per le idee, di cui gia' si parla, di riconversione delle colture agricole a scopi energetici. Con qualcuno gia' a immaginare la pianura padana come una replica un po’ piu' pulita del delta del Niger … e le solite tribu' di intellettualoidi passatisti che si oppongono al progresso …

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